Secondo studi scientifici le abitudini si formano perché il cervello è alla ricerca di modi per risparmiare energia. L’abitudine, come meccanismo consolidato e automatico, permette al cervello di non lavorare. Insomma con l’abitudine il cervello non contribuisce al processo decisionale in atto e pensa ad altro.
Il “ciclo” dell’abitudine prevede che ci sia un segnale,(normalmente un bisogno), che attiva una routine di comportamento il cui risultato è una gratificazione.
Le abitudini creano bisogni “neurologici” spesso inconsapevoli e molto influenti. Le routine riducono l’incertezza e diventano il codice di regole non scritte alle quali “conviene” attenersi per non dover ogni volta ridiscutere tutto e avere così la sensazione di muoversi su un terreno poco o per nulla rischioso (gratificazione). La creazione il funzionamento e il consolidamento delle abitudini seguono il medesimo processo a livello individuale, aziendale, e sociale.
Tutti abbiamo delle abitudini, buone o cattive. Scoperto però il meccanismo con il quale si formano, si può intervenire non per eliminarle ma per ignorarle o modificarle o sostituirle.
I momenti migliori per intervenire sulle abitudini dannose sono i momenti di crisi. Quando qualcosa rompe l’equilibrio, si genera una crisi, e qui si può visualizzare l’insieme delle abitudini in atto per riportarle al livello di consapevolezza necessario per intervenire. Per modificare un processo, un meccanismo, una situazione in crisi si devono allora visualizzare le “abitudini chiave” e, le routine “principali” e intervenire. Il cambiamento non si ottiene correggendo ogni singolo aspetto ma identificando alcune priorità determinanti e intervenendo. Conoscere questo è determinante per iniziare a fare il primo passo verso il cambiamento.
[fonte Charles Duhigg]